Marinella Corregía - Cubainformación.- En aquel país había algo ausente. Faltaba en los bordes de las calles de la ciudad y del campo, en las fachadas de las casas con sus colores vivaces o desteñidos, junto a los árboles de patriarcales raíces, en las viejas guaguas y trenes. ¿Qué es lo que faltaba? La publicidad.
Sí, había cartelones pero no comerciales. Del tipo: “Haz el bien sin mirar a quién”, “La Revolución vencerá”, “No se puede ser indiferentes o débiles en la lucha” y también “Nuestro azúcar al servicio de la patria” (!).
La ausencia de réclame estaba en toda la comunicación. En la televisión o en la radio ningún spot comercial interrumpía los programas históricos, culturales, políticos y ni siquiera las comedias ni los dibujos animados. En los delgados periódicos no había recuadros para publicitar mercancías o servicios; todo el papel y la tinta estaba dedicada a las noticias.
El acceso a Internet era difícil para la mayoría de la población, un problema del cual salía un beneficio: no ser invadidos por la publicidad.
Los muros no eran embrutecidos de grafitis. ¿Feliz contagio? ¿Costo elevado de los spray? ¿O educación cívica aprendida en la escuela?
Uno los inspiradores de aquel pueblo, en sus textos para niños y adolescentes incitaba a pensar en la riqueza interior y no en el consumismo. “Mucha tienda, poco alma” escribía a la pequeña María Mantilla el héroe independentista y mártir José Martí. Quizá sea el por qué de ser el único lugar en el mundo libre de publicidad: la isla martiana de Cuba.
Quién sabe si pronto deberíamos decir “era”, visto el actual acercamiento con la patria del consumismo y la publicidad: los Estados Unidos.
En tanto ¿por qué no inspirarse de esta feliz excepción, en un mundo en el cual hasta las “fabelas” (que en Cuba no existen) exhiben cartelones publicitarios más grandes que las propias viviendas? Un mundo en el cual la publicidad es tan engañosa que en Italia diversas agencias del sector se llaman frívolamente… “utopía”!
Veamos algunos cosas que todos podremos actuar, incluso, en un país capital-consumista como Italia.
Contra la publicidad salvaje que desborda el buzón de las casas (una media de 6 kg por familia al año) podremos imitar a la administración municipal italiana de Dogliani (Cuneeese), que ha prohibido ese medio publicitario a menos que no se explicita la autorización.
Podremos evitar de aceptar la publicidad que distribuyen en medio de la calle; acción que, además, muchas veces carece de autorización.
Podremos evitar de comprar las revistas llenas de publicidad, aun cuando sean adjuntas a periódicos “importantes”. ¡Sostendremos solamente a quién ofrece sustancia!
Y a propósito de todo esto, ¿dónde terminó la eterna promesa de haber al menos un canal RAI sin spot publicitarios?
Cuba, la meraviglia di non avere publicita (*)
In quel paese c’era qualcosa che non c’era, ai lati delle strade di città e di campagna, davanti alle case dai colori vivaci o stinti, accanto agli alberi patriarchi le cui radici affioravano come polpi, sulle fiancate dei vecchi autobus e dei treni.
Mancava completamente la pubblicità. I cartelloni avevano scritte tipo: “Fai del bene senza stare a guardare a chi”, “La rivoluzione vincerà”, “Non si può essere pigri o deboli nella lotta”, e anche – più discutibile dal punto di vista alimentare - “il nostro zuccheroal servizio della patria” (!).
Questa felice assenza di réclame riguardava tutta la comunicazione. Alla tivù o alla radio, nessuno spot commerciale interrompeva i programmi storici, culturali, politici, e nemmeno le commedie o i cartoni animati. Sugli smilzi quotidiani non c’erano riquadri a reclamizzare merci o servizi. La carta e l’inchiostro erano tutti per le notizie. Sulle pagine gialle c’era solo la réclame di piccole ditte locali di servizi.
Internet era di difficile accesso per la maggioranza della popolazione; così i preadolescenti e gli adolescenti non erano raggiunti nemmeno dalla pubblicità diretta e indiretta della “ragnatela”.
I muri e le altre superfici verticali non erano deturpati nemmeno da graffiti a bomboletta. Felice contagio? O costo elevato di questi mefitici prodotti? O educazione civica impartita a scuola?
Uno degli ispiratori di quel popolo, nei suoi testi per bambini e adolescenti incitava a pensare alla ricchezza interiore anziché al consumismo.“Molta merce poca anima”, scriveva alla piccola Maria Mantilla l’eroe indipendentista e martire José Martí. Già, perché l’unico luogo al mondo libero dalla pubblicità, esiste ed è appunto l’isola martiana di Cuba.
Magari fra poco dovremmo dire “era”, visto il riavvicinamento in atto con la patria del consumismo e dunque della pubblicità, gli Stati uniti.
Ma intanto, perché non ispirarci a questa felice eccezione in un mondo nel quale anche le bidonville (che a Cuba non ci sono) esibiscono cartelloni pubblicitari più grossi delle “abitazioni”? Un mondonel quale l’advertisingè così subdolo che – in Italia – diverse agenzie del settore si chiamano follemente…”Utopia”!
Ecco alcuni interventi che tutti noi potremmo attuare, perfino in un paese capital-consumista come l’Italia.
Contro il volantinaggio selvaggio nella buca delle lettere (in media 6 kg all’anno per famiglia), possiamo chiedere al nostro comune di imitare la prima amministrazione italiana – Dogliani, nel cuneese - che ha introdotto il divieto di pubblicità nella cassetta salvo a chi ne fa espressamente richiesta. Possiamo intanto appiccicare un cartellino giallo: “No pubblicità, codice penale art. 660 e 663”. Qualcosa fa. Ma ci vorrebbe una legge nazionale, cari “onorevoli”.
Evitiamo l’acquisto di riviste piene di réclame, anche se allegate a quotidiani “importanti”. Sosteniamo la stampa di contenuto! Ed evitiamo di prendere i volantini pubblicitari distribuiti per strada (spesso sono vietati).
E poi, dove è finita l’eterna proposta di avere almeno un canale Rai senza spot?
(*)Traducción: Leonardo Antonio Mesa Suero
